Da Fes all’Erg Chebbi, il viaggio nel viaggio
Erg Chebbi: un deserto in miniatura.
Quando abbiamo iniziato a parlare del nostro piccolo viaggio in Marocco abbiamo capito subito che il deserto doveva essere una tappa irrinunciabile.
Ok, è lontano, ok, abbiamo poco tempo: non importa vogliamo vedere l’Erg!
Erg è una parola araba che indica i deserti di sabbia e dune e in Marocco ce n’è uno veramente particolare: l’Erg Chebbi.
INDICE
Perchè dico che è particolare?
Perchè è un mini-deserto di dune e sabbia rossa, situato nel bel mezzo di un deserto di altro tipo: scuro, pietroso, piatto.
Sembra quasi uno sconfinato parcheggio asfaltato in modo un po’ maldestro.
Di questo deserto sapevo già tutto, visto in mille foto, raccontato da mio fratello, letto in mille blog.
Quello che però non mi aspettavo è la bellezza e la varietà del paesaggio che ho visto scorrere dal finestrino durante il nostro lungo viaggio.
Si, perchè è stato lungo davvero: da Fes all’Erg Chebbi ci sono oltre 400 chilometri di strada.
ATTRAVERSIAMO IL MEDIO ATLANTE IN VIAGGIO VERSO L’ERG CHEBBI
Partiamo da Fes con una gita organizzata (Get your Guide è una garanzia) e scopriamo che per un colpo di fortuna l’escursione per piccoli gruppi è diventata un’escursione privata, solo per noi. Festeggiamo la libertà inaspettata facendoci portare a fare colazione in un paese subito fuori Fes, dove assaggiamo la varietà ed i gusti della colazione berbera.
Scopro così di non poter già più fare a meno del tè alla menta.
Dopo la sosta la strada inizia a salire e attraversa un paesaggio collinare fatto di orti e distese sconfinate di meli in fiore.
Stiamo salendo in montagna.
Il prossimo stop lo faremo ad Ifrane, una piccola città di montagna che non ha praticamente niente di marocchino.
Pascoli verdi, foreste di cedri e piccoli chalet: sembra di essere sulle Alpi.
Scendiamo per sgranchirci le gambe e sentiamo l’aria decisamente fredda, ha nevicato sulle montagne intorno, e il paesaggio è magnifico.
Arrivando alla cittadina abbiamo fiancheggiato i giardini del palazzo reale e dell’università, e arrivati in centronotiamo che la cittadina è molto graziosa ed ordinata, piena di verde. La guida ci indica una grande statua di un leone, che è diventata nel corso degli anni un simbolo di questa cittadina.
La statua rappresenta un leone dell’Atlante, una razza ormai estinta che popolava questi luoghi fino a metà del secolo scorso.
Siamo sulle montagne del Medio Atlante, la catena montuosa che attraversa il Marocco.
Per andare nel deserto quindi bisogna attraversare le montagne innevate: stiamo iniziando a capire che sarà un viaggio sorprendente.
Riprendiamo la strada e il nostro autista ci accompagna in un posto dove incontreremo le scimmie che vivono in queste foreste.
Troviamo una famigliola di macachi che dà spettacolo in cambio di noccioline e gallette e ci fermiamo un po’ a giocare con loro, ma dobbiamo ripartire presto.
Siamo un po’ in ritardo sulla tabella di marcia, non faremo più soste fino all’ora di pranzo.
Dal finestrino del minivan vedo sfilare paesaggi di montagna: prati verdissimi, laghetti fatti di neve sciolta, distese di fiori bianchi e azzurri a perdita d’occhio.
Attraversiamo un altopiano in cui ogni tanto vendiamo pascolare greggi di pecore e asinelli solitari.
Solo pascoli e cielo, mi viene da pensare alle immagini della Mongolia che ho visto mille volte in tv o in rete.
Lo spazio aperto mi riempie gli occhi.
VERSO IL DESERTO
Il paesaggio inizia a cambiare, inizia la discesa e dai pascoli si passa a distese brulle di pietre rossastre.
Stiamo arrivando alla parte opposta dell’Atlante ed è ora di fermarsi per il pranzo.
L’autista ci chiede se preferiamo pranzare al ristorante previsto dall’escursione o se ci può accompagnare lui in un posto che conosce.
Scegliamo di seguire il suo consiglio e ci troviamo a Zaida, in un localino pieno di fumo, dove abbiamo mangiato una grigliata spettacolare.
Nel locale, una macelleria/trattoria, si può scegliere la carne da far cuocere direttamente. A parte, in un banco esterno, è possibile anche acquistare delle tajne – e non ci facciamo sfuggire l’occasione.
Quando riprendiamo la strada il paesaggio ai lati cambia ancora, adesso sembra di essere in America, nella zona dei parchi.
Un altipiano roccioso e deserto, pietre rosse scolpite dal vento, qualche raro cespuglio. La strada costeggia per un tratto il corso di un fiume sinuoso, lo Ziz, che ha modellato il paesaggio in forme fantastiche.
Ci fermiamo per una foto proprio a fianco del tunnel del legionario, scavato dalle truppe francesi negli anni trenta per consentire un passaggio sicuro in queste gole.
Passato il tunnel il fiume non si vede più, il deserto piatto e rossastro arriva all’orizzonte, senza punti di riferimento.
Osservo il paesaggio distrattamente quando vedo aprirsi una gola fra le rocce piatte faccio un salto sul sedile dalla sorpresa.
Per un attimo ricordo le gole del fiume Colorado, in Arizona, lungo la strada per arrivare al Grand Canyon, ma la somiglianza svanisce immediatamente quando scopro la vera sopresa.
Sul fondo di questa gola c’è un’oasi verdissima, una lingua di verde intenso fatta di palme e acqua.
E’ l’oasi del Tafilalt, un fiume verde che costeggerà la strada per oltre 90 km.
Facciamo una sosta in un punto panoramico per guardare dall’alto questa esplosione di verde: all’interno di questa stretta striscia di vegetazione si coltivano i migliori datteri del Marocco.
Riparto con un po’ di rimpianto, mi sarebbe piaciuto vedere com’è l’oasi all’interno, camminare sui sentieri fra le palme, vedere l’acqua che scorre in mille piccoli ruscelli.
Un motivo in più per tornare in Marocco, magari in ottobre, per partecipare alla festa di fine raccolto dei datteri, a Erfoud.
Piano piano ci avviciniamo alla nostra meta ed attraversiamo un paesaggio collinare surreale: brullo, deserto, le colline sono rigate da innumerievoli strati geologici.
Ovunque ci sono le indicazioni per le Fossil Factory. Qui infatti si estraggono e si lavorano rocce molto speciali.
ERFOUD – LA CAPITALE DEI FOSSILI
Siamo arrivati nella zona di Erfoud, la capitale dei fossili.
Tutta quest’area nella preistoria era un immenso oceano, parliamo del periodo Devoniano, fra i 410 ed i 360 milioni di anni fa.
Il mare brulicava di vita, creature fantastiche che (grazie ad una fortunata combinazione di eventi) invece di decomporsi secondo i processi normali è diventata minerale, conservando la sua struttura.
Da queste coline e dalla vicina Algeria si cava il marmo del deserto.
Ci fermiamo a visitare una Fossil Factory dove ci portano a visitare la zona di lavorazione.
La guida spiega che per lavorare i fossili spesso sono costretti ad utilizzare trapani simili a quelli dei dentisti, è un lavoro di alta precisione. questo marmo è un materiale da costruzione diffuso nella zona – lo troveremo anche nel campo tendato nel deserto.
(Fossile di trilobite – Foto da internet)
Eccoci nell’ultima parte del nostro viaggio, ed ecco il deserto scuro e pietroso che avevo immaginato.
La giornata è nuvolosa, ma nella luce del tardo pomeriggio vedo all’orizzonte una cosa che mi emoziona: le dune rosse dell’Erg Chebbi, la nostra meta.
ERG CHEBBI
Il viaggio non è ancora finito, dobbiamo fare un tratto a bordo di una jeep 4×4 e poi un altro breve tratto con i cammelli, che ci accompagnano fra le dune e poi al campo tendato.
Solo a vedere il paesaggio attorno a noi mi si mozza il fiato, questo è il deserto che sognavo.
Sabbia di un rosso accecante, dune altissime, delicati disegni fatti dal vento.
Ci inoltriamo tra le dune fino ad arrivare ai piedi di una delle più alte, poi proseguiamo a piedi, entusiasmati come bambini.
Intanto il sole sta tramontando e le nuvole si aprono per inondarci di luce dorata.
Sediamo sulla sabbia fresca ad aspettare la notte, in silenzio.
Stregati dalla bellezza.
Quando anche l’ultimo barlume di sole scompare ci alziamo per rientrare e vediamo alle nostre spalle il sorgere della luna piena. Il deserto sta proprio dando spettacolo!
La notte scende in fretta e al buio raggiungiamo il campo dove dormiremo: un accampamento semplice, un bivacco fra le dune.
Nello spazio fra le tende c’è già un fuoco acceso, ci aspettano per la cena.
E dopo cena un po’ di musica, intorno al fuoco.
La mattina dopo la sveglia è prevista prima dell’alba, vogliamo vedere il sole nascere ma il cielo è coperto e fa freddo.
Non è proprio l’atmosfera che mi aspettavo dal deserto, ma subito fuori dal campo lo spettacolo è comunque magnifico.
Esploriamo le dune giocando con vento che cancella immediatamente le nostre impronte. Finalmente il sole fa capolino ed accende i colori della sabbia, inizia un nuovo giorno e noi siamo in prima fila!
E’ ora di iniziare il nostro lungo viaggio di ritorno, nel corso del quale incontreremo pure la neve lungo la strada, ed una temperatura gelida ed invernale.
Una nevicata insolita, anche la guida ci conferma che non è affatto comune trovare la neve in aprile in quei punti.
Niente: facciamo nevicare pure in Marocco!!
Il nostro viaggio per l’Erg si è rivelato di gran lunga più vario ed interessante di quello che immaginavo, e mi piacerebbe davvero poter fare il solito tragitto con calma, fermandosi spesso, dormendo lungo la stada, restando nel deserto almeno un giorno intero.
Tra i consigli quindi metterei questi:
– noleggiare un’auto è una buona idea. Fuori dalle città le strade sono ampie e scorrevoli, non molto trafficate, e la presenza di frequenti posti di controllo limita anche la velocità.
– considerate almeno una notte a metà strada. A me sarebbe piaciuto fermarmi nell’oasi, la prossima volta faremo così.
– un giorno intero solo di deserto è perfetto! Per esplorare l’Erg Chebbi in lungo e in largo, giocare con la sabbia, vedere come cambia con il cambiare della luce. E magari goderselo anche la notte sotto la volta stellata. Siamo stati un po’ sfortunati, la prossima volta andrà meglio!
LINK UTILI
Qui trovi il nostro itinerario di viaggio in Marocco e qui vi parlo di Fes, il punto di partenza della nostra escursione.
Il campo tendato che ci ha ospitato lo trovate anche su Booking, Hotel Kasbah Bivouac Lahmada. Leggete l’indirizzo: Dune dell’Erg Chebbi. Un po’ vago, come l’indirizzo dei castelli di una fiaba, no?
Sembra che da aprile 2019 ad ora il governo marocchino stia progressivamente smantellando i campi tendati nel deserto, spostandoli ai margini.
Guardando adesso il sito del Bivacco in effetti non ci sono foto del campo dove siamo andati noi, forse non c’è più.
Per organizzare l’escursione ci siamo appoggiati a Get your guide, ed ancora una volta posso confermare l’eccellente organizzazione.
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