Radicofani, vi racconto una storia.
C’era una volta un giovane, nobile di nascita, che viveva nei tempi oscuri del Medioevo.
Suo padre e suo zio vennero orribilmente trucidati per motivi politici da un losco personaggio e le sue terre vennero usurpate.
Si ritrovò così senza titolo e assetato di giustizia. Incontrò altre persone come lui che vivevano ai margini della società dell’epoca, e tutti insieme formarono una formidabile squadra di briganti, che però derubavano solo i ricchi, e dividevano il maltolto con i più poveri.Un bandito gentiluomo.
Vi sto raccontando la storia di Robin Hood?
Non proprio.
Questa è la storia – appena appena romanzata – di Ghino di Tacco, un brigante senese vissuto nel quattordicesimo secolo che conquistò la fortezza di Radicofani e ne fece il centro della sua…attività. Nella pianura ai piedi di Radicofani infatti passa la Via Francigena, passaggio obbligato di pellegrini ricchi e poveri e di tutti i versamenti imposti dallo Stato Pontificio.
Le sue gesta quasi da romanzo colpirono molto gli scrittori dell’epoca, che trovarono il modo di parlarne nelle loro opere: Dante Alighieri lo citò nel Purgatorio. Boccaccio lo raccontò nel suo Decamerone, narrando uno degli episodi più rocamboleschi e sorprendenti: il rapimento dell’abate di Cluny.
L’abate venne sequestrato dai briganti mentre stava andando alle terme di San Casciano dei Bagni: voleva curare un forte mal di fegato che lo tormentava. Ghino di Tacco lo rapì e lo rinchiuse a Radicofani, costringendolo a seguire una dieta stretta da prigionia.
Incredibilmente l’abate, probabilmente grazie alla dieta controllata (Pane, fave secche e vernaccia) e alla prigionia comoda guarisce dai suoi disturbi e per ringraziarlo lo nomina Cavaliere di S. Giovanni e Friere dell’ospedale di Santo Spirito. (Friere = fratello, frate)
Una storia così incredibile merita uno scenario altrettanto importante: qui entra in scena la fortezza di Radicofani (SI) (Qui il sito ufficiale)Già dalla posizione non si può fare a meno di notare che questo è un posto speciale: la cima della torre svetta a quasi mille metri d’altezza, su un paesaggio di colline dolcissime all’ombra del Monte Amiata. Si vede da chilometri di distanza e la rupe dove è stata costruita è una formidabile difesa.
Già dalla forma si intuisce che la rupe non ha la stessa origine del paesaggio circostante, e non è quindi una sorpresa quando arriviamo e veniamo a sapere che il paese e la fortezza zono costruiti sui resti di un vulcano antico.
La fortezza così come la vediamo adesso è il frutto di secoli di storia e di restauri intelligenti. E’ completamente visitabile, dai sotterranei, ai camminamenti di guardia fino ad arrivare sulla cima della torre dalla quale si gode un panorama veramente unico. Nella torre è possibile visitare un piccolo museo un cui si racconta la storia della fortezza.
La visita della fortezza è a pagamento, 4 euro per l’ingresso. Si può raggiungere in macchina o percorrendo il sentiero delle scalette che parte subito dietro al teatro del paese.
Il borgo della fortezza è un bel paese curatissimo, piccolo e compatto, con diversi edifici medievali splendidamente conservati. Segnalo l’intrico di stradine e corti del quartiere ebraico – piazza della Giudecca – e il panorama dalla chiesa principale, la Chiesa di San Pietro.
Segnalo anche la zona di ottimi vini, che è possibile assaggiare Al Tocco, un bel localino affacciato sulla piazza principale.
Un temporale ci fa scappare prima di aver terminato la visita. Mi rimane la curiosità di sapere cosa sono i “Crolli vulcanici” segnalati sulla mappa del paese e di vedere il bosco esoterico di Isabella. Bene, vorrà dire che abbiamo un buon motivo per ritornare.
(Se nel frattempo però qualcuno mi legge e mi spiega cosa sono i crolli vulcanici mi fa davvero un favore. Non trovo nulla!! )
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