Gita in montagna – Antro del Corchia Underground
Direzione: montagne.
Dopo una prima sosta ad Isola Santa – un borgo molto pittoresco che si specchia nel lago omonimo – abbiamo proseguito con l’idea di raggiungere il Pozzo della Madonna, sopra Serravezza (LU).
Lungo la strada però siamo passati davanti alla miniera dell’argento vivo di Levigliani, e abbiamo deciso all’istante di fermarci lì.
La montagna che abbiamo risalito è infatti completamente vuota: al suo interno si sviluppa un’intricata serie di gallerie e pozzi per una lunghezza di oltre 50 km. La guida ci spiega che fino ad un milione di anni fa l’intera montagna era piena d’acqua, e la falda è scesa piano piano attraverso le ere, lasciando questi spazi enormi, quasi da cattedrale sotterranea.
Il percorso turistico si sviluppa su una distanza di 2 km, ci sono scale e passerelle, in alcuni passaggi ci si trova stretti tra due pareti, e questo può dare un senso di claustrofobia. (Meglio saperlo prima).
La temperatura all’interno della grotta è di 8 gradi, consiglio di coprirsi bene e con giacche impermeabili, visto che in gran parte della grotta l’acqua continua gocciolare -e a costruire meravigliose opere d’arte. Consiglio anche scarpe comode e con suole di gomma, certi punti del percorso sono bagnati e scivolosi.
La parte iniziale del percorso presenta alcune concrezioni, sia fossili che in accrescimento. La parte più interessante però è la grandiosità di certi ambienti, e la presenza di numerose scritte ed indicazioni, fatte negli anni passati dai gruppi di speleologi durante le esplorazioni. A volte sono indicazioni, altre volte semplici testimonianze del passaggio. In un punto in particolare – il campo base di molte spedizioni – si contano moltissime scritte fatte con il nerofumo.Â
Arrivati al percorso ad anello inizia il bello: lì la grotta è viva, si sente sgocciolare acqua ovunque e le concrezioni brillano alla luce dei faretti: ce ne sono di tutte le forme, alcune spuntano dall’acqua dei laghetti e assomigliano a uova, altre pendono giù dal soffitto, altre ancora si incontrano a metà strada formando colonne possenti. Molte hanno nomi strani, come le “fette di prosciutto”, o “Spaghetti” o ancora “Pop corn”…forse gli speleologi che le hanno scoperte avevano un po’ di appetito!
Come mai il mercurio si chiama “argento vivo”? Perché il mercurio nativo assomiglia ad argento lucente, e quando viene toccato si frammenta in palline sempre più piccole, che scappano via in ogni direzione. L’unico modo di raccoglierle è aspirarle con una siringa senza ago o con una pipetta da laboratorio.Â
Questo comunque è un fenomeno molto raro – l’unico in tutta la storia della miniera. Il grosso della produzione di mercurio derivava dalla lavorazione del cinabro, un minerale che veniva cercato ed utilizzato fin dall’antichità . Nella miniera è possibile vedere anche i pozzi antichi, utilizzati per l’estrazione del cinabro fin dai tempi dei romani: con questo minerale, ridotto in farina e mescolato all’olio di oliva, si realizzava il colore rosso, per scritte e dipinti.
In definitiva abbiamo passato una Pasqua insolita e molto interessante, ne valeva la pena!
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