Il Museo Egizio di Torino è il secondo museo egizio al mondo per ordine di importanza (Il primo è quello del Cairo, naturalmente).
L’esposizione è vastissima ed interessante, stanno ristrutturando proprio nel momento in cui sto scrivendo ( luglio 2014 ) quindi l’accesso ad alcune sale può essere un pò difficoltoso, vista anche l’impressionante mole di visitatori. (Al momento della revisione dell’articolo la ristrutturazione è completata e l’esposizione è completamente accessibile: dovremo tornare!)
La sua nascita si deve ad un egittologo del diciottesimo secolo, Vitaliano Donati, che iniziò la collezione con reperti rinvenuti da lui stesso. All’epoca ci fu un vero e proprio boom dell’egittologia, ulteriormente intensificato dalle campagne napoleoniche, e si moltiplicarono le raccolte private di una certa importanza.
Nel 1824 il Re Carlo Felice acquistò una di queste grandi collezioni private e creò il Museo Egizio. Nel corso degli anni la collezione si è allargata, anche grazie all’impegno di Schiaparelli (Direttore del museo a fine 1800) fino a raggiungere i 30.000 pezzi, un tesoro di valore incalcolabile.
Una delle sezioni in ristrutturazione (2014) riguarda proprio il magazzino dei reperti, ed è molto interessante sbirciare dalle finestrelle dei laboratori per vedere come lavorano ogni giorno gli archeologi.
E’ anche facile immaginare che in mezzo a quella moltitudine di oggetti ci siano tesori ancora “da riscoprire” , come è successo alla mummia di Kenamum, che era andata persa e che adesso è esposta alla museo di storia naturale della Certosa di Calci, in una mostra intitolata “L’undicesima mummia” – 2014. Ci aggiriamo affascinati osservando gli oggetti esposti, Alessandro ci racconta molti aneddoti sulla vita quotidiana in Egitto – la storia degli egizi lo ha colpito molto, è diventata una vera passione.
Ancora una volta io e Paolo restiamo stupiti per la vivacità dei colori vecchi ormai di millenni: gli egizi sapevano davvero come realizzare opere destinate ad attraversare i secoli.
All’interno del museo è possibile anche visitare un intero tempio, donato dal Governo egiziano all’Italia come ringraziamento per il salvataggio dei templi sul lago Nasser.
Quando decisero di costruire la diga infatti si trovarono costretti a mettere al riparo molte opere d’arte che rischiavano di essere sommerse dall’acqua e chiesero aiuto all’intera comunità internazionale.Â
I templi furono smontati e rimontati in luoghi più sicuri, un’opera titanica che ha visto fra i protagonisti indiscussi i cavatori del marmo di Carrara: gli unici professionisti al mondo in grado di lavorare la roccia con la precisione millimetrica richiesta.
Il più famoso di questi Templi è quello di Abu Simbel, quello donato all’Italia è il Tempio di Ellesija.
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Re Thutmosi III |
L’ultima sala è lo Statuario, uno spettacolo mozzafiato. Dall’oscurità vellutata spuntano fuori statue imponenti di faraoni e divinità , l’illuminazione sapiente attira l’attenzione in un continuo susseguirsi di opere straordinarie. Leggo adesso che l’allestimento della sala è stato affidato ad uno scenografo due volte premio Oscar: Dante Ferretti. Il suo lavoro è un vero e proprio tocco di genio, la massima valorizzazione.
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Horemheb e Amun |
All’esterno del museo non manca nemmeno l’arte…contemporanea. Ci fermiamo a fotografare un cartello che ci ha fatto sorridere: lo “strike” di pedoni deve essere opera di un burlone!
Segnalo anche che da luglio 2014 la prima domenica di ogni mese c’è l’entrata libera nei musei statali – e questo vale davvero la visita!
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